Contributo di costruzione dovuto solo in funzione della esecuzione fisica di opere

Con la sentenza n. 4483/2014, la III Sezione del Consiglio di Stato è tornata a pronunciarsi sull’art. 19 comma 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale dispone, in modo affatto chiaro, che “Qualora la destinazione d’uso delle opere indicate nei commi precedenti…venga comunque modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione”.

La disposizione si riferisce in modo omnicomprensivo al contributo di costruzione, come definito dal precedente art. 16, senza distinzione tra le sue componenti, e quindi tanto alla quota parte riferibile agli oneri di urbanizzazione, quanto a quella relativa al costo di costruzione, e trova giustificazione nel diverso regime, più favorevole per gli immobili a destinazione industriale o artigianale (per i quali ai sensi del precedente comma 1 è dovuto contributo limitato ai soli oneri urbanizzativi) e più gravoso per gli immobili a destinazione turistica, commerciale, direzionale e a servizi (per cui invece ai sensi del comma secondo, oltre agli oneri urbanizzativi è dovuto un contributo commisurato anche al costo di costruzione, sebbene nella più ridotta misura ivi specificata, pari al 10% del costo di costruzione documentato).

Ne consegue che la quota parte relativa al costo di costruzione è comunque dovuta “…anche in presenza di una trasformazione edilizia che, indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici ad essa connessi, situazione che si verifica per il mutamento di destinazione o comunque per ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico” (Cons. Stato, Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6160; vedi anche 14 ottobre 2011, n. 5539, quest’ultima peraltro nel senso che anche la sola variazione di destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria, da commercio all’ingrosso a commercio al dettaglio, giustifica il pagamento del contributo, anche per la quota afferente al costo di costruzione).

D’altro canto, è indiscutibile che il mutamento di destinazione d’uso, ancorché senza opere edilizie, da una tipologia utilizzativa artigianale ad altra commerciale implica un mutamento del carico urbanistico, connesso ai ben diversi flussi di traffico e clientela, nonché della redditività, e quindi dei vantaggi economici connessi alla destinazione e all’attività.