Il pergolato sul terrazzo

images

La fattispecie concreta. La proprietaria di un appartamento sito al pianoterra di un edificio ha realizzato, nel 2012, una struttura in legno su un terrazzo di livello dell’appartamento. La struttura era costituita da due pali dello spessore di 8,50 cm x 11,50 cm poggiati sul pavimento del terrazzo a livello e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in PVC della superficie di 15 mq, dell’altezza variabile da 2,80 m a 2,10 m, ancorata al sovrastante balcone e munita di una copertura rigida di 4 mq a riparo del telo retraibile.

Il Comune, però, ne ha ordinato la demolizione in quanto tale struttura era stata costruita in carenza del titolo abilitativo.

La proprietaria, quindi, ha proposto ricorso al T.A.R. che, a conclusione del giudizio di primo grado, ha affermato che la struttura “per le sue dimensioni, per la grandezza dei pali, per essere ancorata al suolo e al balcone sovrastante e per avere anche un’ulteriore copertura, a riparo del telo, potesse essere qualificata come ‘pergotenda’ ai sensi della circolare di Roma Capitale n. 19137 del 9 marzo 2012 e rientrasse nell’attività edilizia libera, ma riteneva che « la stessa, determinando una modifica dei prospetti e della sagoma, avrebbe richiesto il permesso di costruire o alternativamente la D.I.A. c.d. pesante, entrambi nella specie mancanti» (v. così, testualmente, l’appellata sentenza), affermando di conseguenza la legittimità dell’impugnato provvedimento di ripristino“.

Il Tribunale, quindi, ha dichiarato la legittimità dei provvedimenti impugnati. Sentenza che è stata impugnata dalla ricorrente avanti al Consiglio di Stato.

La difesa della ricorrente. La ricorrente ha appellato la sentenza, per quanto qui interessa, perché, da un lato, era inesistente l’ancoraggio dei pali di sostegno della struttura al pavimento, dall’altro lato, perché non si era tenuto in considerazione la circostanza che l’opera costituisse ‘pergotenda’ ai sensi della circolare di Roma Capitale n. 19137 del 9 marzo 2012 e che pertanto fosse da ritenersi edilizia libera.

La circolare, infatti, prevede che non sia soggetto al previo rilascio del titolo abilitativo la «struttura di arredo, installata su pareti esterni dell’unità immobiliare di cui è ad esclusivo servizio, costituito da struttura leggera e amovibilie, caratterizzata da elementi in metallo o in legno di esigua sezione, coperta da telo anche retrattile, stuoie in canna o bambù o materiale in pellicola trasparente, priva di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituita da elementi leggeri, assemblati tra loro, tali da rendere possibile la loro rimozione previo smontaggio e non demolizione». (=>La tenda da sole: quando può considerarsi opera abusiva?)

La circostanza decisiva ai fini della controversia. Il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, sent.11 aprile 2014, n.1777) ha basato la propria decisione sull’elemento fattuale della mancanza di ancoraggio dei pali di sostegno della struttura in esame al pavimento del terrazzo pertinenziale dell’appartamento dell’appellante, con conseguente facile amovibilità della struttura medesima. La struttura, infatti, “non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità, dell’assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale (addirittura retraibile a mezzo di motore elettrico)”.

Alla luce di tali caratteristiche, quindi, il Collegio ha ritenuto di qualificare l’opera “alla stregua di arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede, in quanto tale riconducibile agli interventi manutentivi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001”.

Pertanto, costituisce non un intervento di «ristrutturazione edilizia e/o cambio di destinazione d’uso da una categoria all’altra», ma una semplice intervento di natura manutentiva rientrante nell’attività edilizia c.d. libera. (Vedi anche: Realizzazione di un pergolato sul terrazzo. Quando può ritenersi abusivo?)

Pronunce giurisprudenziali affini. I principi sopra esposti sono alla base anche di altre sentenze del giudice amministrativo. In tema di tende, infatti, è stato ritenuto che “la tenda è più che amovibile nell’immediato ed avvolgibile in sé. La stessa è oggettivamente precaria e di carattere occasionale senza che ne risulti alcun aumento volumetrico di aspetto tridimensionale e stabile; la medesima sembra anche atteggiarsi come di utilità alla struttura principale quale pertinenza.

Per quanto riguarda invece il canale di scolo, a tutto concedere, lo stesso può definirsi come strumento di sostanziale manutenzione teso ad evitare infiltrazioni ed umidità. Ovviamente simili declinazioni lasciano salvi tutti i diritti di terzi in relazione ad eventuali vertenze privatistiche”(T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, sent. 16 maggio 2013, n. 468).

In un caso particolare, il giudice amministrativo ha osservato quanto segue: “è stata rimossa la preesistente tenda scorrevole, che, come risulta dalla documentazione fotografica in atti, era sostenuta da una struttura in alluminio (sia dalla foto depositata dai ricorrenti che dalla foto allegata all’atto di costituzione in giudizio del signor (omissis) si nota che l’intelaiatura in alluminio era estremamente modesta), ed è stata creata una struttura interamente in legno lamellare, costituita da cinque pilastri, ancorati con piastre in ferro al muretto che delimita l’area antistante il fabbricato, che sostengono, per mezzo di una trave orizzontale di collegamento, ventuno arcarecci (almeno così sembra risultare dalle foto perché dal preventivo di spesa, dalla fattura e dal documento di trasporto relativi ai materiali utilizzati allegati al ricorso risulta che gli arcarecci acquistati sono 24) assicurati al muro del fabbricato a mezzo di altra trave e apposite “monoscarpe in ferro” (dal preventivo di spesa pare inoltre dedursi che la copertura, al momento del sopralluogo comunale e della perizia depositata dal ricorrente ? in data 20 dicembre 2002 ancora non eseguita, sarebbe stata realizzata con telo in pvc 650 gr/mq. rinforzato; peraltro la copertura non è menzionata nella fattura né nel documento di trasporto). Esso integrava quindi effettivamente una tenda parasole, trattandosi di una struttura accessoria, facilmente amovibile, avente funzione di protezione dell’area sottostante. Simile struttura – secondo la opinione prevalente in giurisprudenza – non determina alcuna trasformazione urbanistico-edilizia e non richiede pertanto titolo edilizio (cfr. ad es. T.A.R. Toscana, sez. II, 24 luglio 1997 n. 470). Se quindi i ricorrenti si fossero limitati a sostituire il telo e gli elementi in alluminio “ammalorati”, come comunicato al comune, effettivamente non avrebbero dovuto munirsi di titolo edilizio (T.A.R., Lazio, Latina, sez. I, sent. 19 gennaio 2007, n. 44).

Conclusione. Dall’esame della giurisprudenza sopra richiamata emerge come l’attività edilizia libera è limitata a casi che presentano caratteristiche ben precise quali:

  • la mancata creazione o modificazione di un organismo edilizio;
  • la rimuovibilità e la “neutralità” rispetto al prospetto, alla sagoma e alla destinazione d’uso.
Fonte Avv. GL. Ballabio