Recupero crediti. L’amministratore di condominio può agire in giudizio solo previo consenso dell’assemblea

L’amministratore di condominio può agire autonomamente, senza la preventiva delibera assembleare, solo per crediti derivanti dalla ordinaria attività di amministrazione

Il caso L’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) di Avellino conveniva in giudizio l’assegnataria di un alloggio in un immobile di edilizia residenziale pubblica, per ottenerne la condanna al pagamento delle spese relative ai lavori di manutenzione straordinaria eseguiti sull’immobile medesimo. Costituitasi, la convenuta contestava specificamente il difetto di legittimazione attiva dell’Ente.

La decisione Il Tribunale ha giudicato infondata la domanda attorea dal momento che lo IACP, in qualità di amministratore di condominio, non poteva agire in giudizio in assenza di autorizzazione e/o successiva ratifica da parte dell’assemblea. L’organo giudicante ha rilevato come l’amministratore possa agire autonomamente, senza la preventiva delibera assembleare, solo per crediti derivanti dalla ordinaria attività di amministrazione: deve infatti tenersi presente che l ‘assemblea è l’organo principale del condominio, attorno al quale il codice civile costruisce e regolamenta la vita condominiale; essa rappresenta la volontà collettiva dei partecipanti poiché tutte le decisioni devono essere discusse e deliberate in tale sede. (=>Recupero crediti condominiali e responsabilità dell’amministratore)

Ne consegue che n essun tipo di azione possa essere adottata senza la preventiva autorizzazione assembleare, ad eccezione delle azioni compiute dall’amministratore in esecuzione delle delibere comuni oppure per fronteggiare situazioni di pericolo per le parti comuni. Pertanto, chiarisce il Tribunale, soltanto l’assemblea può deliberare che il Condominio agisca o si costituisca in giudizio, o che si impugni un provvedimento in cui il Condominio medesimo sia risultato soccombente: «un tale potere decisionale non può competere all’amministratore che è per sua natura non è un organo decisionale, ma meramente esecutivo del condominio». E si sottolinea un profilo ulteriore: una soluzione differente «conculca anche il diritto dei condomini di dissentire rispetto alle liti (art. 1132).

La mancata convocazione dell’assemblea per l’autorizzazione ovvero per la ratifica dell’operato dell’amministratore vanifica ogni possibilità di esercizio del diritto al dissenso alla lite che la legge espressamente riconosce ai condomini (Cass., sez. un., 6.8.2010, n. 18331)». Si rammenta infatti che, poiché la decisione di promuovere una lite, oppure di resistere in giudizio può risultare dannosa per il condominio e i condomini – perché, ad esempio, la pretesa del condominio è infondata o perché, al contrario, ogni difesa è insostenibile –, il condomino che ritenga probabile un esito sfavorevole della vertenza ha la possibilità di sottrarsi alle conseguenze di una soccombenza ex art. 1132 c.c. Il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può dunque separare la propria responsabilità da quella della maggioranza del condominio con atto notificato all’amministratore «entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione».

La legittimazione attiva dell’amministratore In materia di rappresentanza attiva dell’amministratore rileva specificamente l’art. 1131, comma 1, c.c., il quale dispone che «nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c. o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi». Si pone così una fondamentale distinzione tra rappresentanza processuale inerente le attribuzioni proprie dell’amministratore di condominio e rappresentanza che riguarda materie che esorbitano le competenze dell’amministratore medesimo:

  • nel primo caso, l’amministratore può agire autonomamente in giudizio, in rappresentanza dei condominio, senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea;
  • nel secondo caso, invece, è necessaria una deliberazione dell’assemblea che autorizzi l’amministratore a stare in giudizio o – nel caso in cui questi abbia già esercitato tale potere – ratifichi l’operato dell’amministratore.

Precisamente, il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea, che, come ribadito nella pronuncia in commento, dovrà deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulti soccombente, sul presupposto che, anche in materia processuale, l’amministratore non ha poteri autonomi, bensì finalizzati a dare esecuzione alle deliberazioni dell’assemblea ovvero a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

L’art. 1131 c.c. deve quindi essere considerato quale eccezione rispetto a tale principio generale, nella parte in cui, con il conferimento dell’incarico, attribuisce all’amministratore un potere di rappresentanza processuale attiva autonomo rispetto al potere decisionale dell’assemblea, da esercitare solo nell’ambito delle attribuzione proprie dell’amministratore stesso determinate dalla legge, dal regolamento o dall’assemblea.

Pertanto, l’amministratore potrà agire senza autorizzazione assembleare, ad esempio, per la riscossione del pagamento dei contributi dai condomini inadempienti – determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea –, promuovendo peraltro il giudizio anche nelle forme del ricorso per decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c.; o per il compimento di atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio (procedimenti cautelari urgenti, denunzia di nuova opera e di danno temuto, azioni di reintegrazione e spoglio). Dovrà invece acquisire preventivamente l’autorizzazione dell’assemblea dei condomini per l’esperimento di azioni a carattere reale, quali la declaratoria di inefficacia di un negozio dispositivo di bene comune, o la riduzione in pristino di innovazioni illegittime realizzate sui beni esclusivi, o, ancora, l’accertamento della proprietà del sottotetto.

L’autorizzazione a stare in giudizio in una controversia non rientrante tra quelle che l’amministratore può autonomamente proporre ai sensi del comma 1 dell’art. 1131 c.c. può peraltro sopravvenire utilmente, con effetto sanante, anche dopo la proposizione dell’azione.

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Fonte http://www.condominioweb.com/quando-lamministratore-puo-agire-autonomamente-per-il-recupero-dei-crediti.11745#ixzz3WdZUigXf
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